Il nettare puro dell’Italia, l’eccellenza della cucina mediterranea con le sue bombe di antiossidanti e di sapori decisi: l’oro verde, lo chiama prosaicamente qualcuno, è l’olio extravergine di oliva italiano 100%, protetto dal disciplinare della dop che ne controlla rigorosamente il rispetto. Ma com’è che ogni tanto si legge di truffe dell’olio, tanto che si parla di 80% di olio contraffatto sul mercato italiano (come recentemente indicato da Forbes), o di olio non evo spacciati per tale? Succede anche che l'olio d'oliva italiano non lo sia realmente, è invece comunitario (quindi prodotto in comunità europea) o peggio nemmeno europeo, ma viene venduto come tale. Purtroppo succede, tutelarsi sembra impegnativo ma il consumatore consapevole può imparare qualcosa. Come riconoscere un buon olio extravergine di oliva e non cadere nelle trappole economiche da supermercato è il motore principale di ogni appassionato di olii che si rispetti. E imparare a capire le caratteristiche dell’olio buono è un attimo.

Close up of farmer holding harvested olivespinterest
Silvia Bianchini//Getty Images

Riconoscere l’olio extravergine buono: il prezzo

Non troverete mai olio buono a tre euro a bottiglia, levatevelo dalla testa. L’olio extravergine d’oliva buono si paga, il giusto ma si paga. Se è a meno di 8/10 euro al litro, iniziate a farvi delle domande: forse non è 100% italiano, forse non è prodotto in modo sostenibile per i raccoglitori di olive (che è un lavoro massacrante, anche quando ci sono le macchine in mezzo). Forse è davvero un olio da non comprare.

Riconoscere l’olio extravergine buono: leggere le etichette

Obbligatoriamente l’olio extravergine deve riportare dove è stato prodotto, vale a dire il territorio: se è 100% italiano si esplicitano anche i luoghi di produzione, solitamente paesi e province specifiche, oltre alla regione in rispetto della filiera delle olive. Un esempio virtuoso è l'olio ligure, tanto per citarne uno. Anche all’estero si cerca di indicare il paese: avviene spesso in Grecia, dove la cultura dell’olio è molto sviluppata, e persino negli Stati Uniti, riporta Mashed, ci sono gli organismi di tutela dell’olio prodotto negli USA. Per quanto riguarda ancora l’Italia, spesso e volentieri i produttori più piccoli e attenti sottolineano anche singoli cultivar, vale a dire le tipologie delle olive utilizzate per la produzione di quell’olio.

Riconoscere l’olio extravergine buono: le date

L’olio extravergine migliore riporta sempre due date sulla bottiglia in cui lo acquistiamo: quella della produzione e quella indicativa di scadenza. In realtà non è una vera scadenza, bensì un’indicazione di consumazione (previa corretta conservazione) prima che inizi a degradare irrimediabilmente. L’olio extravergine buono va consumato in linea generale entro 18 mesi dalla produzione, circa un anno e mezzo. Se avete comprato una bottiglia che si avvicina alla scadenza e aprendolo non vi sembra granché, non usatelo per condire a crudo, piuttosto riciclatelo per una frittura express o usatelo per ammorbidire le durezze dei piedi (non fate quelle facce: funziona).

Riconoscere l’olio extravergine buono: l’assaggio

Per fare l’assaggiatore di olio esistono corsi appositi, ma se vi capita di incrociare in fiere o al super chi fa olive oil tasting, non fatevelo sfuggire, perché potreste scoprire un nuovo olio preferito che forse prima non avreste mai comprato. Per capire se l’olio è buono in degustazione, ecco un rapido corso: prendete il bicchierino, copritelo con la mano per qualche secondo mentre con l’altra lo avvolgete, così da scaldarlo leggermente per sviluppare gli aromi. Respirare e prendete un sorso rapido, succhiando l’aria dalla bocca come se sentiste freddo: capirete i sentori più piccanti e freschi dell’olio, e i sapori del suo bouquet (frutta, noce, pomodoro e via esplicando). È così che si inizia a capire se un olio extravergine vale davvero il prezzo di mercato. E il nostro acquisto consapevole.