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  • Mercoledì 8 agosto 2018

Brexit spiegata con un sandwich

Se il Regno Unito non dovesse trovare un accordo con l'Unione Europea, è probabile che dei suoi panini riccamente imbottiti resti soltanto il pane

Scott Olson / Getty Images
Scott Olson / Getty Images

Gli ultimi negoziati tra Regno Unito e Unione Europea per definire le condizioni di Brexit sono complessivamente a buon punto, ma restano ancora in sospeso diverse ingombranti questioni, tra cui quella sulle future relazioni commerciali tra Regno Unito e UE. Il Regno Unito propone una soluzione che sta a metà tra la partecipazione e l’esclusione dal mercato unico europeo, l’Unione Europea ha detto esplicitamente che se il Regno Unito lascerà il mercato comune non potrà mantenere rapporti economici troppo privilegiati. Ma cosa succederebbe concretamente se non si arrivasse a un accordo e se, da un giorno all’altro, spostare merci da e verso il Regno Unito diventasse costoso e complicato? Ci sarebbe l’urgenza di medicine ai cittadini britannici, per esempio, ma anche con gli approvvigionamenti di cibo ci sarebbero grossi problemi. Politico ha provato a spiegarlo, partendo dal sandwich, il «maggior contributo britannico alla gastronomia».

Il sandwich classico – chiamato così da John Montagu, quarto conte di Sandwich, considerato il suo inventore – è fatto con due fette di pane spalmate di burro e imbottite con prosciutto o tonno, formaggio cheddar, lattuga e pomodori. Nelle sue molte varianti è uno dei cibi più diffusi e consumati nel Regno Unito: ne vengono venduti quattro miliardi all’anno solo nei supermercati, ma esistono grandi catene di negozi dedicati solo a panini e tramezzini. Politico spiega che l’unico ingrediente dei sandwich per cui il Regno Unito è autosufficiente è il pane: per tutti gli altri dipende fortemente dalle merci importate dall’Unione Europea, e tutto potrebbe diventare molto complicato in caso di un mancato accordo su Brexit.

Formaggio: il 60 per cento di quello consumato in Regno Unito è d’importazione. Senza accordi per Brexit, il formaggio importato verrebbe colpito da dazi intorno ai 1671 euro per tonnellata, che lo renderebbero inaccessibile a fronte di margini di guadagno molto bassi (il cheddar è venduto a 3.000 euro per tonnellata). L’industria casearia britannica da sola non potrebbe coprire la domanda interna, e il prezzo del formaggio locale salirebbe molto. Peraltro, la maggior parte del formaggio del Regno Unito arriva dall’Irlanda, che per sopravvivere all’uscita dall’Unione Europa del suo maggior cliente si sta attrezzando per cominciare a produrre mozzarella al posto del cheddar, un prodotto più facile da esportare.

Prosciutto e tonno: il 60 per cento della carne suina del Regno Unito è importata, soprattutto da Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Belgio. I dazi dell’Organizzazione mondiale del commercio su prodotti come la carne sono particolarmente elevati (da 172 a 1.494 euro per tonnellata) e il loro acquisto richiede un elaborato sistema di certificazioni per il trasferimento di carne da un paese all’altro. Anche il tonno – il terzo pesce più importato del Regno Unito – diventerebbe piuttosto costoso, perché oggi arriva da paesi con cui l’Unione Europea ha accordi commerciali speciali, e spesso viene lavorato in paesi europei diversi da quello in cui viene venduto.

Pomodoro e insalataPolitico prevede molti sandwich senza lattuga, in caso di una Brexit senza accordi. Il Regno Unito importa più del 90 per cento dell’insalata che consuma, e la gran parte di quella che i britannici trovano tra ottobre e aprile arriva dalla regione di Murcia, in Spagna. L’insalata, come il pomodoro, è uno di quei prodotti con tempi di conservazione brevi, per cui l’accumularsi di ritardi alle frontiere potrebbe essere disastroso. Il Regno Unito importa l’82 per cento dei propri pomodori, molti da Spagna e Paesi Bassi.