Abbiamo provato il metodo Lego per migliorare la creatività sul lavoro

Brevettato un metodo di formazione che utilizza i mattoncini per stimolare l'inventiva e migliorare le relazionin in azienda. Lo abbiamo sperimentato

Lego (Getty Images)

Se pensavate che i Lego servissero solo a riprodurre in scala ridotta l’Empire State Building, dovrete ricredervi. Già, perché i famosi mattoncini nati in Danimarca nel 1949, possono tornare utili anche a lavoro. Negli anni Novanta è iniziato lo studio di un’applicazione seria del celebre gioco, sfruttata per migliorare alcuni processi professionali.

Si chiama Lego Serious Play e coinvolge il funzionamento del nostro cervello. Com’è noto, è l’emisfero cerebrale sinistro quello che sovrintende le attività logiche, quelle più coinvolte nella nostra routine lavorativa. Questo metodo cerca di stimolare proprio l’altro emisfero, attivando la creatività e l'immaginazione che sono governate da questa parte del cervello.

Abbiamo preso parte a una sessione di Lego Serious Play, tenuta da Roberto Ceschina di Innovation Group nel coworking torinese Toolbox, per capire come funziona. I partecipanti sono seduti intorno a un tavolo cosparso di Lego. Attenzione: non solo mattoncini, ma anche altri elementi come omini, finestre, catene e alberelli. Ci si può sbizzarrire, insomma.

Vengono proposte una serie di attività in cui, come recita anche il claim di questo metodo, si pensa con le mani. Vengono sottoposti dei quesiti a cui occorre rispondere costruendo delle strutture o altre forme con i Lego. “L’idea del giocare seriamente è della business school Imd di Losanna, coinvolta nell’ideazione del metodo. Facendo lavorare l’emisfero destro, l’adulto non ricorre solo al ragionamento logico, ma sfrutta il potere delle metafore dei Lego”, spiega Ceschina.

Al termine della costruzione ogni partecipante è invitato dai facilitatori, un ruolo che richiede una certificazione specifica, a condividere il proprio punto di vista su quanto creato. È un modo originale per coinvolgere tutti nel processo. “Lego parte dall’osservazione che nelle riunioni parlano sempre i soliti membri. È la regola dell’80/20, il principio di Pareto secondo cui l’80% del risultato è prodotto dal 20% degli input. Grazie a questo metodo, invece, tutti interagiscono e quindi la proporzione si trasforma in 100/100”, prosegue Ceschina. Ognuno crea così una piccola storia sulla propria struttura e interagisce in modo leggero e divertente con gli altri partecipanti.

Ogni sessione, che può durare da un paio d’ore a un’intera giornata, prevede una fase di riscaldamento. Alcuni esercizi che risvegliano le attività dell’emisfero destro Il primo in particolare svela alcuni effetti curiosi. Viene chiesto di costruire in tre minuti di tempo una torre. È curioso vedere come un incarico apparentemente così semplice produca risultati molto diversi fra loro. C’è chi opta per una torre bassa e tozza, chi inserisce elementi insoliti, chi aspira a improbabili impostazioni strutturali. Dopo la condivisione, viene chiesto di smontare la torre e qui succede qualcosa di imprevisto. Si scatena nella persona un senso di dispiacere che normalmente sarebbe immotivato per un’azione che è costata tre minuti appena. Una reazione che forse rivela il coinvolgimento emotivo che il produrre con le mani suscita.

Lego Serious Play condivide con l’esperienza che avevamo da bambini solo la parte ludica. Ma qui c’è molto di più. “Non è un gioco fine a se stesso. Finita la fase ludica, si cerca di stabilire un piano d’azione, cioè individuare la prima azione concreta che può scaturire dalla nuova consapevolezza”, aggiunge Ceschina.

Questo metodo può essere applicato a una serie di ambiti che spaziano dalla conoscenza fra i membri di un team all’innovazione dei processi decisionali. Un esempio pratico: partendo dalla missione aziendale, si chiede di immaginare possibili azioni innovative. A quel punto i partecipanti alla sessione devono dare forma a questo pensiero, lasciando “parlare” le mani. Spiega il docente: “Può succedere che nel modellino prenda forma qualcosa che non era neanche chiaro nella mente della persona”.

Ma ci sono addirittura startup che hanno realizzato il proprio business model canvas grazie al metodo dei mattoncini. “In questo caso, invece di scrivere, azione tipica dell’emisfero sinistro, hanno fatto ricorso alle potenti metafore che scaturiscono dall’impiego dei Lego. Si passa così dal bidimensionale al tridimensionale”. Alcuni riconoscono l’utilità di portare un po’ di caos e disordine nella razionalità a volte esasperata del lavoro. Ma questo metodo punta più che altro sull’immaginazione. Conclude Ceschina: “Sebbene non ci siano istruzioni, questo non è un metodo disordinato: è serio e crea un percorso che sfrutta l’enorme potere dell’immaginazione generativa”.