24 marzo 2014

L'enzima che rimette a posto i ritmi circadiani

I topi con un deficit di produzione di un particolare enzima, presente in tutti i mammiferi, si adattano meglio alle variazioni dei ritmi circadiani. La scoperta apre nuove prospettive per lo studio dei disturbi metabolici connessi allo stravolgimento dei ritmi circadiani, come il jet lag nei viaggiatori abituali o l'obesità che colpisce i lavoratori turnisti(red)

Un enzima chiamato CK1 epsilon ha un ruolo cruciale nell'adattare l'orologio biologico interno dei topi ai mutamenti nelle condizioni esterne, in particolare di luce e temperatura. Lo ha scoperto un nuovo studio pubblicato su “Current Biology” da ricercatori dell'Università di Manchester guidati da David Bechtold, che apre la strada a nuovi approcci terapeutici negli esseri umani, in particolare a quelli per disturbi legati ai turni lavorativi notturni e al jet lag.

In molti esseri viventi, una serie di funzioni fisiologiche segue un andamento ciclico, o ritmo circadiano, basato su un periodo di 24 ore. Molte piante, per esempio, regolano il movimento delle foglie o l'apertura degli stomi in funzione delle ore di luce e di buio. Negli animali, in particolare nei mammiferi, seguono un ritmo circadiano innanzitutto le ore di sonno e di veglia, ma anche i sistemi di regolazione della temperatura corporea e della pressione sanguigna.

L'enzima che rimette a posto i ritmi circadiani
Chi cambia spesso orario di lavoro, effettuando turni di notte, corre il rischio di incorrere in disturbi metabolici (© Colin Anderson/Blend Images/Corbis) 
Negli ultimi decenni, lo studio dei ritmi circadiani negli esseri umani ha avuto un enorme sviluppo e ne ha chiarito vari meccanismi, molti dei quali riguardano l'attivazione di specifici geni che consentono al nostro orologio interno di mantenere il ritmo sulle 24 ore e di “dare il tempo” a una miriade di funzioni fisiologiche, in particolare legate al metabolismo. In effetti, alcune ricerche hanno già dimostrato che quando i ritmi circadiani sono stravolti, per esempio nei lavoratori che svolgono turni di notte, possono insorgere disturbi metabolici che rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo dell'obesità e di patologie correlate, come il diabete.

Alcuni studi avevano chiarito il ruolo fondamentale per il corretto funzionamento dell'orologio interno di tutti i mammiferi dell'enzima
caseina chinasi 1 (CK1), in particolare della sua forma delta. Mancavano invece dati sulla funzione di un'altra forma della CK1, detta epsilon.

Bechtold e colleghi hanno analizzato il comportamento di topi ingegnerizzati per essere privi dell'enzima CK1 epsilon. Questi topi hanno dimostrato di adattarsi a un ritmo di alternanza di luce-buio molto più velocemente rispetto ai topi non modificati di controllo. Il risultato è stato confermato successivamente con topi non modificati ma in cui era stata inibita farmacologicamente l'azione di CK1 epsilon. L'aspetto più sorprendente della scoperta, tuttavia, è che questo veloce adattamento non aveva avuto ripercussioni negative sul metabolismo dei topi, un'osservazione rilevante per le potenziali ricadute sulla salute umana.

“Non siamo geneticamente predisposti per cambiare rapidamente l'orario di lavoro o per un volo a lungo raggio, quindi l'orologio interno del nostro organismo tende a non adattarsi a questi cambiamenti”, sottolinea Bechtold. “A controllare il nostro orologio interno c'è un insieme complesso di molecole che, interagendo tra loro, consentono ad alcuni processi fisiologici di sincronizzarsi in modo preciso e affidabile su un ciclo di 24 ore”.