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Coronavirus, senza precauzioni la seconda ondata potrebbe essere peggiore: lo studio dell'Imperial College

(agf)
In base alle proiezioni dell'istituzione scientifica britannica, se in Italia si ritornasse a un 20% di mobilità in più, senza le dovute misure di sicurezza, ci potrebbero essere fino a 5 mila altri decessi; se si ritornasse al 40% fino a 23 mila
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LONDRA Premessa: le proiezioni in questione sono "worst case scenarios", ossia peggiori scenari possibili. Ma visto che a compilare lo studio è il prestigioso Imperial College di Londra, e cioè l'istituzione scientifica che con una ricerca "apocalittica" mesi fa ha fatto cambiare idea al premier britannico Johnson, al presidente americano Donald Trump e a quello francese Emmanuel Macron riguardo al loro approccio sino a quel momento "soft" contro il coronavirus, è bene prestare attenzione. Perché fa capire che cosa accadrebbe se l'Italia oggi tornasse all'improvviso alla normalità dopo l'emergenza, seppur solo parzialmente, come prima del blocco dell'intero Paese causa epidemia di Covid-19.

Ebbene, se il 20 per cento dei cittadini tornasse a mobilità e comportamenti come a prima del lockdown che ha chiuso l'Italia, e senza le dovute precauzioni, ci potrebbero essere tra i 3 mila e i 5 mila decessi in più; se invece a farlo fossero il 40 per cento, le nuove vittime potrebbero essere fino a ulteriori 23 mila.

Tutto questo nel giro di otto settimane. Per questo è fondamentale in Italia, secondo l'istituto di Londra, rispettare le norme di distanziamento sociale e tutte le altre precauzioni predisposte al momento dal governo dopo la fine di un lungo e severissimo "lockdown".

Lo studio si chiama "Report 20: uso della mobilità per stimare l'intensità di trasmissione di Covid 19 in Italia: analisi a livello regionale e scenari futuri", sul sito dell'Imperial College è pubblicato anche in lingua italiana e lo firma, tra gli altri, il prof. Neil Ferguson, tra i massimi epidemiologi in Regno Unito, proprio colui che fece cambiare posizione ai potenti del mondo e che ora si concentra sulla cosìddetta "Fase 2" in Italia.

Scrivono Ferguson e gli altri studiosi: "Visto il controllo ottenuto ad oggi in Italia tramite l'implementazione dagli "interventi non-farmaceutici" (tra cui la chiusura di scuole ed università, il distanziamento sociale e la quarantena, compreso il divieto di assembramenti pubblici e di effettuare spostamenti non essenziali), prendiamo in considerazione tre scenari per le prossime 8 settimane:

1) uno scenario in cui la mobilità rimane la stessa della quarantena;
2) uno scenario in cui la mobilità ritorna al 20% dei livelli pre-quarantena;
3) uno scenario in cui la mobilità ritorna al 40% dei livelli pre-quarantena.

"Gli scenari esplorati", precisa l'Imperial College, "presuppongono che il comportamento rimanga uguale a quello precedente agli interventi non-farmaceutici, che non vengano introdotti nel frattempo interventi farmaceutici, e non include la riduzione di trasmissione tramite il tracciamento dei contatti, i test e l'isolamento di casi confermati o sospetti. Per questo motivo le nostre stime devono essere viste come proiezioni pessimistiche".

"I nostri risultati", si legge nello studio, "suggeriscono che sia la trasmissione di Sars-CoV-2, che la mobilità devono essere monitorate attentamente nelle settimane e nei mesi a venire in Italia. Per compensare l'aumento di mobilità che si verificherà con il rilassamento degli interventi non-farmaceutici attualmente in vigore, l'adesione alle misure di distanziamento sociale raccomandate insieme ad una sorveglianza intensificata della trasmissione nella comunità con tamponi, il tracciamento dei contatti e l'isolamento tempestivo dei contagiati sono di fondamentale importanza per ridurre il rischio di ripresa della trasmissione. In assenza di ulteriori interventi, anche un ritorno del 20 per cento ai livelli di mobilità pre-quarantena potrebbe causare un aumento dei decessi molto maggiore di quanto si sia verificato nell'attuale ondata, in diverse regioni".
Questo perché, nonostante il gran numero di decessi in Italia, scrivono i ricercatori, la percentuale di popolazione contagiata è ancora ben "lontana dalla soglia di immunità di gregge". "Stimiamo che il tasso di attacco", ossia in gergo la percentuale di popolazione contagiata, "sia più alto in Lombardia e in Valle d'Aosta (in media 13.30 per cento e 11.07 per cento rispettivamente), mentre per molte regioni sia meno dell'1 per cento". Dunque, qualora l'Italia riprendesse a vivere come fino a qualche mese fa, i contagi salirebbero vertiginosamente, aumentando sensibilmente il numero di morti ma rimanendo comunque ben lontana da una possibile immunità di gregge (ancora non scientificamente provata tra l'altro).
"Simulando le prossime 8 settimane e assumendo uno scenario in cui la mobilità nel Paese salga al 20 per cento della mobilità osservata nel periodo prima del lockdown", scrive l'Imperial College, "stimiamo un tasso medio d'attacco in Piemonte del 19.64 per cento, in Lombardia del 13.79 per cento e in Veneto del 12.90 per cento. Assumendo che la mobilità salga al 40 per cento della mobilità osservata prima della quarantena, stimiamo che il tasso d'attacco medio in Piemonte alla fine delle prossime 8 settimane diventi del 54.18 per cento, seguito dalla Toscana con il 41.71 per cento".
Nello scenario di ritorno a una mobilità al 20 per cento dei livelli pre-quarantena nazionale, gli scienziati stimano che "il numero totale di decessi in eccesso possa variare tra 3.000 e 5.000, e nello scenario di mobilità al 40 per cento il numero totale di decessi in eccesso sarebbe tra 10.000 e 23.000", su base nazionale, riporta l'Imperial College.

Qualora la vita in Italia tornasse alla parziale normalità sarebbe il Piemonte, secondo l'Imperial College, a essere la regione più colpita, con un numero stimato di decessi tra 700 (miglior scenario possibile al 20 per cento di mobilità) a 8.700 (peggior scenario possibile con mobilità ritornata al 40 per cento). A seguire il Veneto con una forchetta tra 500 e 6.600 morti, Toscana (tra 200 e 3.600) e Lazio (tra 100 e 3.300 morti). La Lombardia, già molto colpita, sarebbe al quarto posto in questa proiezione, con un numero di nuovi decessi compreso tra 90 e 2mila. In coda, Valle D'Aosta, Calabria, Umbria e Molise, nei quali, anche in caso di ripresa al 40 per cento della vita "normale", registrerebbero nel peggior scenario possibile rispettivamente 14, 45, 66 e 72 nuovi decessi a testa nel giro di otto settimane.