La nostra quotidianità sarà tornata anche quella di un tempo, ma i quesiti sollevati dalla pandemia sul nostro benessere in ufficio restano gli stessi. Cosa vogliamo davvero dal posto di lavoro? Siamo ancora disposti a sacrificare la nostra salute mentale per uno stipendio più alto? Il tempo che dedichiamo alla nostra vita privata è sufficiente? In base a una ricerca commissionata dalla società di consulenza McKinsey & Company il 47% di noi spera che tra le eredità dell'era post-Covid possa esserci anche una maggiore attenzione al benessere dei dipendenti nelle aziende. Una strategia per raggiungere questo obiettivo potrebbe essere un reset delle aspettative che riponiamo su noi stessi sul posto di lavoro.

Terapeuta del lavoro, come capire se ne hai bisogno

"C'è il presupposto che in qualche modo devi essere un guerriero aziendale, e mostrarti ed essere "professionale"", spiega a Elle UK Phil Bolton, career coach e co-fondatore di Elevayte. "Penso che sia probabilmente una delle maggiori cause di disagio e angoscia sul posto di lavoro. Come possono le persone dare il meglio di sé se non sono in grado di essere se stesse sul lavoro?" Accettare momenti di fragilità, saperli accogliere e trovare il coraggio di farsi aiutare, con l'affiancamento di un terapeuta del lavoro o career coaching, può aprire la strada a una migliore conoscenza di sé e del nostro habitat aziendale con vantaggi non indifferenti anche sul business. "Conosci te stesso" ripetevano gli antichi e non potrebbe esserci consiglio più utile di questo. E qui l'aiuto di uno specialista sul lavoro che vi aiuti a dedicare un po' di tempo alla comprensione di voi stessi, dei vostri valori e delle vostre priorità può rivelarsi fondamentale. Cosa conta davvero per voi? Cosa vi distingue dagli altri? Quali sono le vostre migliori qualità e come valorizzarle al meglio sul lavoro? "In generale, siamo più felici e più soddisfatti quando usiamo i nostri più grandi punti di forza per creare valore per le altre persone" spiega Bolton.

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Edward Berthelot//Getty Images

Queste riflessioni non aiuteranno solo noi stessi nel delicato processo di autoconsapevolezza, ma anche le aziende, che da ormai diversi anni cercano di diversificare sempre di più il team in modo che ciascuno porti la propria personale esperienza, il proprio valore aggiunto. Naturalmente i luoghi di lavoro stessi devono assumersi la responsabilità di rendere possibile questo processo, supportando l'individualità dei propri dipendenti che dovranno sentirsi incoraggiati e non mortificati.

Se negli Stati Uniti la pratica di farsi affiancare dai coach è in uso con successo da anni, in Italia si fa più fatica a recepire il valore che una figura del genere può avere nella crescita professionale di ciascuno. Non è un caso che siano ancora una minoranza le aziende che offrono un supporto di questo genere. Vale ugualmente la pena informarsi presso l'ufficio risorse umane. Se la presenza di un terapeuta non dovesse essere contemplata, prendete in considerazione l'idea di farvi affiancare privatamente o, in alternativa, di intraprendere pratiche contemplative giornaliere come la meditazione, lo yoga o il Tai-Chi. Sono tutte discipline che aiutano a regolare le proprie emozioni, a controllare la respirazione e il battito cardiaco e, di conseguenza, a conoscere più da vicino le proprie reazioni a stati di stress.

In questo processo sarà importante riflettere su cosa conta davvero per noi sul lavoro – la sicurezza finanziaria, l'avanzamento di carriera, la flessibilità o la libertà di dedicare tempo ad attività extraprofessionali –, ma anche i nostri obiettivi. Non esiste una risposta più corretta di altre, esistiamo noi con il nostro vissuto esperienziale, fatto di desideri, ambizioni, ma anche paure e limiti. Saperli riconoscere e accettare è il primo passo per farne il nostro superpotere.

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