Un'altra immensa struttura cosmica, un muro di galassie, salta fuori dall'universo. L'ha scoperta un gruppo di ricercatori, illustrandone le caratteristiche in un paper pubblicato su Astrophysical Journal. Ma dove si trova e come comprenderne e postularne l'esistenza? Il percorso per scovare il South Pole Wall, così è stata battezzata, è lungo. L’indirizzo completo lo fornisce una precisa ricostruzione di Media Inaf. Che spiega come se la Terra si trovi nel Sistema solare interno, a sua volta collocato nel Braccio di Orione, uno dei bracci di spirale di cui si compone la nostra galassia, cioè la Via Lattea, bisogna proseguire il viaggio verso il Gruppo locale. Si tratta di un gruppo di galassie alla periferia del superammasso di galassie della Vergine. La struttura ancora più ampia, nota dal 2014, è infine il superammasso Laniakea che conterebbe ben centomila galassie in un volume di circa 500 milioni di anni luce. Il cuore di questo super ammasso è il cosiddetto Grande Attrattore verso cui il Gruppo locale si muove contrariamente alla direzione attesa, cioè quella isotopica dell’universo sulla scia dell’espansione cosmica eredità del Big Bang.

Sembrerebbero due aspetti contraddittori: la presenza di un centro attrattore e una dinamica espansiva che cavalca la radiazione cosmica di fondo. E invece potrebbe essere un tema di scala: se in termini generali, universali appunto nel vero senso della parola, vale il principio cosmologico espansivo, su scala ridotta e più piccola vincono leggi legate alla gravità che fra l’altro tengono insieme i complessi tasselli che compongono sistemi, galassie ed enormi ammassi di galassie. Nulla, altrimenti, potrebbe esistere. Tutto quanto appena spiegato serve solo per capire di cosa parliamo quando parliamo di ammassi di galassie e in che modo queste enormi strutture possano "convivere", entro certi limiti, col principio cosmologico.

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D. Pomarede, R. B. Tully, R. Graziani, H. Courtois, Y. Hoffman, J. Lezmy

Anche il sistema in cui viviamo, quello Solare di cui fa parte la Terra a sua volta collocato nella Via Lattea, sfoggia un suo moto specifico. Il Gruppo locale punta al superammasso di Shapley, che si trova a 650 milioni di anni luce nella costellazione del Centauro, al ritmo di 630 km/s. La struttura cosmica appena scoperta, il Sout Pole Wall di cui si parlava all’inizio, sarebbe uscita fuori proprio confrontando la distanza delle galassie con la loro velocità di recessione e attingendo a piene mani da immagini spettroscopiche di galassie come il catalogo Cosmicflows-3. Insomma, è quando cerchiamo di tracciare la mappa del cosmo con metodi sempre nuovi che scopriamo formazioni mai individuate prima: in questo caso si tratta di un enorme accumulo ad arco di galassie che attrae quelle che si trovano fra la nostra e quella gigantesca formazione. Come ci sarebbe da attendersi, quelle che si trovano oltre apparirebbero invece frenate dall’espansione.

Due volte più vicina della Sloan Great Wall (la sesta più ampia struttura cosmica conosciuta), il South Pole Wall è stato chiamato così perché si trova appunto vicino al Polo Sud Celeste. Contiene centinaia di migliaia di galassie, ha un’estensione di 200 gradi e dista mediamente circa 500 milioni di anni luce. L’aspetto impressionante è dato dalle dimensioni: parliamo di 420 megaparsec, 1,3 miliardi di anni luce. Una massa enorme rimasta invisibile finora ma dalle proporzioni quasi inimmaginabili - come in tutti gli altri casi, d'altronde - se si considera che un solo anno luce equivale a circa 6mila miliardi di miglia oppure oltre 9mila miliardi di chilometri.

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D. Pomarede, R. B. Tully, R. Graziani, H. Courtois, Y. Hoffman, J. Lezmy

Una scoperta che conferma una volta di più le teorie secondo cui le galassie non siano distribuite casualmente per l’universo ma si raccolgano nella misteriosa architettura nota come “rete cosmica”. Una specie di impalcatura luminosa, dove fra l’altro si nasconderebbe anche parte della materia visibile che tuttavia non riusciamo a individuare, composta da una buona parte dell’idrogeno disperso durante il Big Bang. I filamenti di questa ragnatela cosmica, nota anche come “mezzo intergalattico caldo-caldo”, sono molto difficili da cogliere: è probabile che le galassie si formino proprio all’intersezione di due o più di questi filamenti, formandone come degli snodi. Una specie di enorme collana di galassie circondata dal vuoto (anzi, dalla materia oscura).

Lo scorso anno il Very Large Telescope dell’Eso, studiando un superammasso in formazione (SSA22 nella costellazione dell’acquario, a 12 miliardi di anni luce da noi) ha per esempio trovato conferma dell’esistenza di questa gigantesca ragnatela di gas intergalattico.

Mappare questi legami intergalattici, di cui d’altronde non si conosce l’inizio e la fine, è il lavoro della cosmografia, “una sorta di cartografia del cosmo”, come l’ha definite a Live Science Daniel Pomaréde, cosmografo all’università di Paris-Saclay. Già nel 2014 Pomaréde e colleghi avevano appunto scoperto il "nostro" superammasso Laniakea, grande 530 milioni di anni luce e in grado di contenere la massa di 100 milioni di Soli. Il record per la più grande struttura di questo genere appartiene tuttavia alla Grande muraglia di Ercole-Corona Boreale, un'immensa struttura di galassie che misura oltre 10 miliardi di anni-luce. La più ampia per dimensioni e massa, corrisponde a più di un decimo dell’universo visibile. Alla seconda piazza c’è il Giant GRB Ring, l’Anello gigante di lampi di raggi gamma che si estende per 5,6 miliardi di anni luce.

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Richard Powell
Il superammasso Laniakea

Per la nuova mappa il team ha ovviamente usato la legge di Hubble per calcolarne la distanza integrandola però con valutazioni sul moto delle galassie l’una rispetto all’altra e sfruttando nuove mappe del cielo per analizzare una regione chiamata Zona di Oscuramento Galattico. Un’area verso il Polo Sud Celeste dove la luce e la brillantezza della Via Lattea blocca, appunto oscura, gran parte di ciò che si potrebbe osservare dopo o intorno.

Il metodo arricchito ha dunque consentito di individuare masse nascoste che influenzino gravitazionalmente questi moti. Con l’aiuto degli algoritmi, il team è riuscito a mappare la distribuzione tridimensionale della materia proprio intorno a quella complessa zona liminale. Scoprendo quest’ulteriore e sorprendente struttura cosmica. Potrebbe anche darsi che l’ammasso di Shapley e il South Pole Wall siano a loro volta collegati, anche in base a una serie di osservazioni tecniche su velocità e picco di densità del muro.

La mappa sfornata dal gruppo mostra un’enorme bolla di materiale più o meno centrata sul punto più a Sud del cielo, con una grande protuberanza che si estende a Nord su un lato in direzione della costellazione di Cetus e un altro braccio più piccolo in direzione della costellazione di Apus. Il South Pole Wall, a dirla tutta, potrebbe essere anche più grande di quanto scoperto dal gruppo di ricerca.

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Simone Cosimi

Simone Cosimi è giornalista professionista, collabora con numerose testate nazionali fra cui Esquire Italia, Italian Tech, La Repubblica, D, DLui, Wired, VanityFair.it, StartupItalia, Centodieci e Radiotelevisione Svizzera. Segue diversi ambiti fra cui tecnologia, innovazione, cultura, politica e territori di confine, spingendo verso un approccio multidisciplinare. Già redattore del mensile culturale Inside Art, per cui ha curato cataloghi d’arte e pubblicazioni come il trimestrale Sofà, ha lavorato in passato, fra gli altri, per Rockstar, DNews, Excite, Style.it e molte altre testate. Speaker, moderatore e saggista, è autore con Alberto Rossetti di "Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: chi li protegge?" (Città Nuova 2017) e di “Cyberbullismo" (Città Nuova 2018). A gennaio 2020 è uscito il suo terzo libro, “Per un pugno di like-Perché ai social network non piace il dissenso” (Città Nuova).   
 

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