I ghiacciai sono una bomba a orologeria ambientale

Gli agenti chimici intrappolati nel ghiaccio si decompongono più velocemente, con conseguenze potenzialmente disastrose una volta liberati
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Wolfgang Kaehler/Getty Images

Crispin Halsall vi dirà che in ogni centimetro di neve dell'Antartide è scritta la storia di come l'uomo ha trattato l'ambiente. Nel corso degli anni, ogni ciclo di precipitazioni al Polo Sud ha portato con sé i detriti atmosferici accumulatisi durante la giornata: pollini, ceneri vulcaniche e, cosa particolarmente interessante per Halsall, i prodotti della contaminazione umana. L'inquinamento dell'Antartico può avere origini lontane che partono dall'emisfero settentrionale: le sostanze chimiche che fluttuano nel vento possono arrivare al Polo Sud nel giro di pochi giorni. "Questi strati di neve diventano il registro della contaminazione dell'ambiente, risalente a decenni fa", spiega Halsall, chimico dell'Università di Lancaster nel Regno Unito.

I paesaggi ghiacciati del mondo preannunciano anche il nostro futuro ambientale. Quando iceberg e ghiacciai si sciolgono, le sostanze inquinanti intrappolate all'interno vengono rilasciate nei mari, nei corsi d'acqua e nell'aria. Lo scioglimento dei ghiacci può liberare molecole nocive che danneggiano gli ecosistemi, riducono lo strato di ozono o alterano il clima. A causa dell'aumento delle temperature globali, sempre più zone ghiacciate del mondo si stanno scongelando. Nelle Alpi e nell'Himalaya, "stiamo assistendo al rilascio di vecchi contaminanti che sono rimasti bloccati nel ghiaccio per molti decenni", afferma Halsall. È fondamentale sapere cosa viene emesso, tuttavia interpretare ciò che è intrappolato nella neve antartica è più complicato di quanto si pensi. I ricercatori hanno scoperto che l'acqua ghiacciata presente nei poli della Terra, contrariamente alle credenze, è un focolaio di reazioni chimiche. Ciò che è intrappolato all'interno può trasformarsi nel tempo.

Per molto tempo gli scienziati hanno dato per scontato il contrario, cioè che gli elementi inquinanti congelati rimanessero inerti. "Nella maggior parte dei casi, se si congela qualcosa o si rende qualcosa più freddo, se ne rallentano i processi", afferma la studiosa di chimica Amanda Grannas della Villanova University negli Stati Uniti. Le molecole si muovono più lentamente nel ghiaccio solido e nella neve rispetto a come si comportano nell'acqua liquida, il che significa che si scontrano di meno e che hanno meno opportunità di partecipare a reazioni chimiche. È per questo che il congelamento della carne cruda ne impedisce il deterioramento. È anche il motivo per cui i corpi di diversi mammut lanosi, risalenti a circa trentamila anni fa, sono emersi intatti dal terreno ghiacciato durante il disgelo.

Nel corso di esperimenti in laboratorio, gli scienziati hanno scoperto che molti inquinanti - se illuminati con una luce intensa che simula il sole - si decompongono più velocemente nel ghiaccio che nell'acqua allo stato liquido. Nel 2020, un team dell'Università della California ha osservato che il guaiacolo, una molecola presente nel fumo emesso dalla legna si decompone in composti più piccoli più velocemente nel ghiaccio rispetto che nell'acqua allo stato liquido. Nel 2022, hanno visto che lo stesso valeva per il dimetossibenzene, un'altra molecola prodotta dal fumo. Lo scorso febbraio, Halsall e i suoi colleghi hanno scoperto che anche gli inquinanti presenti nei gas di scarico delle auto, noti come idrocarburi policiclici aromatici, si degradano più velocemente nel ghiaccio che nell'acqua.

I ricercatori attribuiscono questo turbinio di attività chimiche nel ghiaccio a un fenomeno noto come "effetto di concentrazione del ghiaccio": quando l'acqua si raffredda per formare il ghiaccio, le molecole che lo compongono si allineano in cristalli esagonali. "Le sostanze disciolte nell'acqua vengono costrette a uscire dalla struttura cristallina del ghiaccio", spiega Grannas, "A occhio nudo sembrano cubetti di ghiaccio, ma al microscopio, si scorgono piccole sacche di liquido dove si concentrano le altre sostanze chimiche. I reagenti sono stati spinti a unirsi in questo piccolo volume e questo fa sì che il processo chimico diventi molto più veloce". La luce ultravioletta, presente nei raggi solari, innesca la scomposizione chimica degli inquinanti concentrati. Senza di essa, i composti rimangono relativamente inerti, come gli alimenti nel congelatore. Sotto l'illuminazione Uv, però, "Assistiamo a tassi di decadimento più rapidi nel ghiaccio che nell'acqua", dice Halsall. Questi potrebbero essere più evidenti nel ghiaccio ai poli, dove "in alcune parti dell'anno la luce solare può durare per ventiquattro ore", dice Grannas.

Anche le microplastiche, frammenti di plastica lunghi meno di cinque millimetri, si decompongono più velocemente nel ghiaccio che nell'acqua. I chimici della Central South University in Cina hanno scoperto che in quarantotto giorni le microsfere di plastica di diametro inferiore a un millesimo di millimetro si sono deteriorate nel ghiaccio nella stessa misura in cui si sarebbero deteriorate in trentatré anni nel fiume Yangtze. "Le microplastiche impiegano centinaia di anni, se non migliaia, per degradarsi", ha spiegato a Wired UK Chen Tian della Central South University in Cina. "Non avendo tutto questo tempo a disposizione, abbiamo studiato solo la prima fase della degradazione. Tuttavia, pensiamo che l'intero processo sia più veloce nel ghiaccio".

I rifiuti di plastica sono la forma più comune di detriti marini - circa dieci milioni di tonnellate di finiscono negli oceani ogni anno, gran parte dei quali si scompone in microplastiche - e il ghiaccio ai poli potrebbe essere in grado di smaltirli. Questa potrebbe essere una buona notizia, in quanto il fenomeno potrebbe aiutare gli scienziati a trovare metodi per scomporre più velocemente le microplastiche, come sottolineato da Tian e dai suoi colleghi nel loro articolo. Rompendo la microplastica in pezzi sempre più piccoli, il ghiaccio potrebbe però renderla un inquinante più pervasivo. Più i frammenti di plastica diventano piccoli, più penetrano in profondità negli organismi. Microscopiche particelle di plastica sono state trovate nel cervello dei pesci, in cui hanno causato danni cerebrali.

Per Halsall, la cui ricerca mira a tracciare le conseguenze dell'attività umana nel ghiaccio antartico, la degradazione degli inquinanti rende la vita più difficile. Il chimico è particolarmente interessato alle sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche, o Pfas. Queste "sostanze chimiche perenni" persistono nell'ambiente e si trovano nelle padelle antiaderenti, negli oli per motori e in tutti i tipi di prodotti di consumo. Nel 2017, i collaboratori di Halsall hanno effettuato una trivellazione nell'Antartico per estrarre un cilindro di dieci metri di neve accumulata dal 1958. Esemplari come questo rivelano aspetti legati all clima e all'attività umana, proprio come fanno i cerchi degli alberi a latitudini più temperate. Più profondo è il campione di neve, più si va indietro nel tempo.

Molte aziende chimiche hanno abbandonato i Pfas a catena lunga intorno al 2000. Nella neve depositata in quell'anno e in quelli successivi, il team di Halsall ha trovato meno inquinanti e più composti sostitutivi, ovvero i Pfas a catena corta. "Possiamo individuare in quel nucleo di neve quando l'industria è cambiata", conferma Halsall. Ma per capire con precisione cosa veniva usato e quando, bisogna anche considerare quanto gli inquinanti si sono degradati, perché questo può aiutare a spiegare le differenze tra le sostanze chimiche trovate a varie profondità.

Queste reazioni trasportate dal ghiaccio hanno un impatto anche su di noi. Quando i ghiacciai ai poli si sciolgono, gli inquinanti trasformati dalla luce solare vengono rilasciati nell'ambiente: "Si potrebbe pensare: 'Stiamo degradando un inquinante. In alcuni casi è così. Ma abbiamo scoperto che, in alcuni casi, i prodotti in cui si trasformano possono essere più tossici dell'originale". Per esempio, Grannas e i suoi colleghi hanno scoperto che la sostanza chimica aldrin, storicamente usata nei pesticidi, poteva trasformarsi più facilmente in dieldrin, ancora più tossica, nel ghiaccio. Nel ventesimo secolo gli agricoltori hanno fatto largo uso di dieldrin nei pesticidi e l'uso di entrambe le sostanze chimiche oggi è vietato nella maggior parte dei Paesi.

Con una nota di ottimismo, Grannas afferma che studiare il modo in cui il ghiaccio degrada gli inquinanti aiuterà i ricercatori a valutare nuove sostanze: "Stiamo introducendo sostanze chimiche innovative nei nostri sistemi agricoli, negli articoli farmaceutici e in altri prodotti di uso quotidiano come detersivi per il bucato, profumi e prodotti personali", afferma la studiosa. "Vogliamo capire in anticipo cosa succederà se li usiamo su scala massiccia e li emettiamo nell'ambiente". Alcuni di questi inquinanti finiranno congelati ai poli, e seguire l'evoluzione delle sostanze chimiche nel ghiaccio offre ai ricercatori un'idea più precisa del loro potenziale impatto ambientale.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired UK.