Un progetto che potrebbe potenziare la nostra capacità di usare carburanti sintetici, realizzati a partire dalla CO2 catturata dall’atmosfera e dunque a essa sottratta, con evidente beneficio per l’ambiente, al fine di tagliare le emissioni del comparto aeronautico.

Ad animarlo è anzitutto la canadese Carbon Engineering, una società cofondata anche dall'esperto di clima di Harvard David Keith che si occupa esattamente in questa procedura, che è un po’ una battaglia globale. Società, startup e centri di ricerca di tutto il mondo stanno infatti sviluppando sistemi per catturarla per esempio con tecnologie “Carbon Capture and Storage” che permettono di sequestrare la CO2 bloccandola da qualche parte oppure per la sua trasformazione in sostanza utile (“Carbon Capture and Utilization”). Il punto è che se l’anidride carbonica è troppa nell’atmosfera a causa delle attività dell'uomo, in termini assoluti continua fortunatamente a essere lo 0,04% dell’aria, cioè 400 parti per milione. Per cui la bassa concentrazione impone che per fare passare un litro di CO2 attraverso i filtri di cattura occorre farli attraversare da 2.500 litri di aria. Motivo per cui mancano ancora impianti industriali veri e propri, con la ricerca ferma a sistemi di piccola scala.

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Carbon Engineering

In ogni caso il gruppo, basato in British Columbia, ha stretto un accordo con Aerion, una startup di Reno, in Nevada. Quest’ultima sta a sua volta sviluppando un jet supersonico business battezzato AS2. Un aereo che potrebbe volare alimentato proprio a carburante sintetico derivato dalla CO2 raccolta dalle macchine "succhia-anidride carbonica". La prospettiva? Consentire un futuro di voli davvero “carbon neutral”.

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Aerion

La collaborazione ha due aspetti particolarmente importanti. Il primo è abbassare i costi, su cui c'è ancora grande incertezza, e le difficoltà tecniche delle tecnologie di cattura già viste. I metodi, tanto per entrare nel dettaglio, si dividono in due grandi classi: quella dell’assorbimento fisico che intrappola le molecole all’interno di strutture porose (zeoliti, cioè minerali con proprietà derivate dalle loro strutture cristalline, carboni attivi o spugne metallo-organiche) e quella dell’assorbimento chimico. In questo secondo caso la CO2 forma legami con appositi substrati di materiali specifici. Dopodiché, in entrambi gli scenari, può essere recuperata con un trattamento termico.

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Carbon Engineering

Il secondo ruota intorno al fatto che la partnership potrebbe aprire la strada alla riduzione delle emissioni degli aerei con carburanti di nuova generazione, una tecnologia che si affianca e per certi versi supera perfino il filone dell’elettrificazione. In fondo il comparto genera più o meno il 2,5% delle emissioni globali di CO2 ed è uno dei più ostici su cui intervenire per ridurne significativamente l’impatto. Si può senz'altro lavorare su motori più efficienti, sull'aerodinamica, sul carico e sui materiali, sui tempi di rullaggio ma la sostanza dei consumi di un volo rimane piuttosto stabile.

Ovviamente la sfida è legata alla produzione dei carburanti sintetici, realizzati dalla combinazione di idrogeno con anidride carbonica. Non tanto in termini chimici quanto per rendere davvero pulita l’intera filiera e con costi contenuti. Uno studio della American Physical Society stimò nove anni fa il costo di una tonnellata di CO2 rimossa dall’atmosfera in 530 euro, studi più recenti li valutano in 900 all’inizio e 90 a regime di un ipotetico impianto. L'impianto pilota della Carbon Engineering - che si basa sul sistema Dac, "Direct Air Capture" e usa batterie di ventole aspiranti per risucchiare aria, convogliandola verso una serie di passaggi. Diversi stadi in cui viene messa a contatto con idrossido di potassio che produce carbonato di potassio che viene filtrato e a sua volta messo a contatto con idrossido di calcio: la reazione produce nuovamente idrossido di potassio che torna nella prima camera di contatto e pellet di carbonati di calcio con dentro intrappolata l'anidride carbonica. Portandoli a o900 gradi se ne ottieme CO2 pura da combinare poi all'idrogeno. Secondo uno studio di un paio di anni fa, dunque più attendibile delle stime d'inizio decennio, in questo modo estrarre una tonnellata di CO2 dall'atmosfera costerebbe fra gli 80 e i 207 euro, avvicinandosi alla soglia (un centinaio di dollari) ritenuta da molti economisti come necessaria per innescare gli investimenti e la redditività del settore.

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Aerion

Sul lato green, occorrerà ovviamente usare elettricità da fonti rinnovabili per alimentare gli impianti di cattura del biossido di carbonio e per effettuare l'elettrolisi dell’idrogeno dall’acqua. Ci sono poi altri ostacoli di tipo ingegneristico come la densità energetica, cioè l’energia specifica richiesta per spingere un aereo supersonico e ovviamente i costi complessivi.

Il risultato sarebbe consentire ai voli di non aggiungere emissioni di CO2 in atmosfera perché volerebbero con carburanti prodotti a partire da altre CO2 catturata. Un po’ come si fa nell’industria del riciclo quando la stessa "materia prima di scarto" diviene una materia prima seconda.

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Simone Cosimi

Simone Cosimi è giornalista professionista, collabora con numerose testate nazionali fra cui Esquire Italia, Italian Tech, La Repubblica, D, DLui, Wired, VanityFair.it, StartupItalia, Centodieci e Radiotelevisione Svizzera. Segue diversi ambiti fra cui tecnologia, innovazione, cultura, politica e territori di confine, spingendo verso un approccio multidisciplinare. Già redattore del mensile culturale Inside Art, per cui ha curato cataloghi d’arte e pubblicazioni come il trimestrale Sofà, ha lavorato in passato, fra gli altri, per Rockstar, DNews, Excite, Style.it e molte altre testate. Speaker, moderatore e saggista, è autore con Alberto Rossetti di "Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: chi li protegge?" (Città Nuova 2017) e di “Cyberbullismo" (Città Nuova 2018). A gennaio 2020 è uscito il suo terzo libro, “Per un pugno di like-Perché ai social network non piace il dissenso” (Città Nuova).   
 

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