Gli Stati Uniti vorrebbero un vaccino anti-coronavirus prima di tutti e solo per sé

L’amministrazione Trump sta per annunciare i dettagli di Warp Speed, un’operazione che destina risorse quasi illimitate per sviluppare vaccini per Covid-19 ma solo per gli Stati Uniti, tra dubbi scientifici, logistici e etici

(foto: Getty Images)

La filosofia dell’America first ai tempi della pandemia globale? Sviluppare un vaccino contro il coronavirus in solitaria, e magari tenerselo pure per sé, almeno all’inizio. In barba agli sforzi internazionali di collaborazione e condivisione di conoscenze e risorse, l’amministrazione di Donald Trump prosegue con l’operazione Warp Speed, un piano che destina risorse quasi illimitate per selezionare i migliori candidati vaccini anti-coronavirus, produrli e distribuirli su larga scala a tempi record. Obiettivo infatti è avere 300 milioni di dosi entro gennaio 2021, ma solo per gli americani. Warp Speed dovrebbe essere annunciato ufficialmente dalla Casa Bianca nei prossimi giorni e Science Magazine in anteprima ne anticipa alcuni dettagli, tra lo scetticismo e le critiche di diversi esperti.

Che cos’è Warp Speed

Warp Speed (di cui si è cominciato a parlare a fine aprile, anticipato da Bloomberg News e confermato poi dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump) è un’idea nata dalla consapevolezza che senza uno sforzo davvero eroico non si arriverà mai ad avere un vaccino contro il nuovo coronavirus prima della seconda ondata, riferisce a Science Magazine una fonte interna, uno scienziato che ha avuto il permesso di parlare con i media a patto di rimanere anonimo. Agire in fretta (troppa?)** **e con coraggio (o spregiudicatezza?), contravvenendo anche alle norme della sperimentazione tradizionale. Tutto, pur di avere i primi 100 milioni di dosi di vaccino a novembre e altri 200 milioni da distribuire nei due mesi successivi negli Stati Uniti.

I primi passi sono già stati fatti: la commissione di Warp Speed ha già selezionato 14 progetti di vaccino anti-coronavirus promettenti per profilo di sicurezza e velocità di produzione su larga scala, con l’intenzione di ridurre ulteriormente la lista a 8 entro luglio. Scartati a priori tutti i progetti cinesi, nonostante alcuni di questi siano già in sperimentazione sull’essere umano. "L'idea per noi è quella di scegliere un portafoglio diversificato" di vaccini realizzati con tecnologie o piattaforme diverse, chiarisce l’informatore anonimo, aggiungendo che molte delle risorse sono destinate a finanziare i test di sicurezza e efficacia sugli animali e in parallelo mettere in piedi le linee produttive su larga scala, con priorità alle aziende con sede negli Stati Uniti. America first, appunto. Anche se la fonte ci tiene a sottolineare che il principio è più quello delle maschere d’ossigeno sugli aerei: prima mettersi in sicurezza, poi aiutare gli altri. Perciò non è escluso che le conoscenze e le tecnologie acquisite dagli Stati Uniti vengano condivise col resto del mondo, così come eventuali dosi extra prodotte.

Addio a un nuovo Progetto Manhattan?

L’appello del direttore esecutivo della Gavi Alliance Seth Berkley, che auspicava la nascita di un nuovo Progetto Manhattan per un grandissimo sforzo globale di collaborazione e condivisione di conoscenze e risorse, sembra dunque caduto nel vuoto, almeno Oltreoceano. Ignorate anche le voci di alcuni tra i massimi esperti di vaccini al mondo, che temono che l’operazione dell’amministrazione Trump vada a competere con gli sforzi già in atto, persino con alcuni progetti e iniziative made in Us, come l’Accelerating Covid-19 Therapeut Intervent and Vaccines (Activ) del National Institute of Health (Nih): c’è il rischio di replicare progetti già in fase di sviluppo in altre parti del mondo sprecando tempo e risorse.

Ci sono poi critiche sul fronte scientifico. Diversi esperti interpellati da Science Magazine, in primis Peter Hotez del Baylor College of Medicine e coinvolto nel progetto Activ dell’Nih, ritengono che non ci sia davvero il tempo per raccogliere dati di efficacia e sicurezza sufficienti da qui alla fine dell’anno. E aggiungono che distribuire un vaccino non adeguatamente testato potrebbe avere risvolti dannosi sul fronte della comunicazione conferendo forza ai movimenti NoVax che sostengono appunto che spesso i prodotti lanciati sul mercato non siano davvero sicuri.

Warp Speed, dunque, avrebbe un approccio etico discutibile nei confronti sia del resto del mondo, che almeno in una prima fase sarebbe escluso da un eventuale successo, sia della popolazione americana che, con scarse evidenze di sicurezza e efficacia di prodotti che non hanno avuto il tempo di essere testati, fungerebbe da cavia.