Abbiamo avuto un incontro ravvicinato di un certo interesse. Con chi? Ovviamente con un asteroide. Più o meno della grandezza di un Suv. Ci ha sfiorato domenica scorsa, stabilendo il record di vicinanza per un oggetto celeste che non sia finito per disintegrarsi in atmosfera o colpire il pianeta. In effetti è passato appena a 1.830 miglia, più o meno 3mila chilometri (per la precisione 2.950), la distanza fra Las Vegas e Chicago fa notare Popular Mechanics, sopra la porzione meridionale dell’Oceano Indiano. Si chiama 2020GQ e ci ha fatto il solletico a meno di un meno di un quarto della lunghezza del diametro del pianeta alle 12:08 EDT del 16 agosto.

2020GQ (inizialmente battezzato Ztf0DxQ) volava più o meno a 13 chilometri al secondo, stando alle informazioni diffuse dalla Nasa. Facendo appunto segnare il “flyby” più stretto di un oggetto celeste, per quanto “modesto” in termini di misure spaziali: fra i 3 e i 6 metri di diametro. Anche se l’agenzia Usa, con l’Esa, ha però sfornato stime diverse alzando il sorvolo a quota a 10mila chilometri. In ogni caso, sono oggetti molto difficili da individuare. A scovarlo per primo è stato uno studente indiano che ha avvisato l’osservatorio sul Monte Palomar in California, afferente allo Zwicky Transient Facility dell’istituto di tecnologia statale, il Caltech, dotato di un telescopio di tipo Schmidt da 122 cm di diametro accoppiato con una camera Ccd a grande campo, come spiega Media Inaf. I ricercatori avrebbero confermato l’avvistamento e appunto scoperto con sei ore di ritardo il il suo massimo avvicinamento, quando era già "lontano" dal pianeta.

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ZTF/Caltech Optical Observatories

C’è da preoccuparsi? Non troppo. Secondo l’agenzia spaziale statunitense oggetti di questo genere e dimensioni, la cui traiettoria viene influenzata dal richiamo gravitazionale del nostro pianeta, si avvicinano diverse volte l’anno alla Terra, che d'altronde ci vive immersa. Certo è singolare come il record precedente, appartenente a un meteorite (2011CQ1) transitato nel 2011, sia stato pressoché dimezzato: all’epoca, il sorvolo avvenne a 5.400 chilometri dal pianeta.

“È stato importante vedere un asteroide così piccolo avvicinarsi così tanto, abbiamo visto la gravità terrestre influenzarne drasticamente la traiettoria” ha spiegato Paul Chodas, direttore del centro che si occupa dei “neos”, i “near-Earth object studies” al Jet Propulsion Laboratory della Nasa. “I nostri calcoli mostrano che l’asteroide ha curvato di 45 gradi mentre sfiorava il pianeta”. Ma se ci avesse colpiti? Non sarebbe poi accaduto nulla di grave: si sarebbe con ogni probabilità eroso dopo l’ingresso in atmosfera, dando origine a un bolide luminoso, come accaduto nel celebre caso della meteora di Chelyabinsk, nella regione a Sud della catena degli Urali, in Russia, nel 2013, che tuttavia provocò dei danni non per l’impatto, bensì per l’onda d’urto. In ogni caso, nel vicino lago Cebarkul, a una novantina di chilometro, nell’autunno seguente è stato ripescato un grosso frammento di circa 570 kg di peso. Materiale importante per la ricerca.

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Nasa/Jpl-Caltech

In ogni caso, c’è chi vigila per noi (anche se stavolta, forse, qualcosa è andato storto, anche perché l’oggetto si è avvicinato dal lato diurno, mettendo in difficoltà i telescopi). Diversi centri e istituti, come il già citato Cneos, il Catalina Sky Survey o l’International Astronomical Union Minor Planet Center controllano infatti il cielo e tracciano l'orbita dei corpi celesti che minacciano la Terra. Gli asteroidi, come abbiamo visto, hanno colpito la Terra in passato, e in futuro capiterà di nuovo visto che la Terra non orbita da sola intorno al Sole ma è circondata da una nube di “near-Eart object” destinati in qualche modo a collidere (anche se solo un migliaio sono più grandi di un chilometro e sono quelli più pericolosi): è ovviamente fondamentale sapere come e quando. Per i prossimi decenni, a quanto pare, possiamo dormire tranquilli: non sono in programma altri passaggi così stretti.

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Simone Cosimi

Simone Cosimi è giornalista professionista, collabora con numerose testate nazionali fra cui Esquire Italia, Italian Tech, La Repubblica, D, DLui, Wired, VanityFair.it, StartupItalia, Centodieci e Radiotelevisione Svizzera. Segue diversi ambiti fra cui tecnologia, innovazione, cultura, politica e territori di confine, spingendo verso un approccio multidisciplinare. Già redattore del mensile culturale Inside Art, per cui ha curato cataloghi d’arte e pubblicazioni come il trimestrale Sofà, ha lavorato in passato, fra gli altri, per Rockstar, DNews, Excite, Style.it e molte altre testate. Speaker, moderatore e saggista, è autore con Alberto Rossetti di "Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: chi li protegge?" (Città Nuova 2017) e di “Cyberbullismo" (Città Nuova 2018). A gennaio 2020 è uscito il suo terzo libro, “Per un pugno di like-Perché ai social network non piace il dissenso” (Città Nuova).   
 

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