Titano è il più grande e importante dei satelliti di Saturno. Una missione della Nasa battezzata Dragonfly ci scommette ed è già in cantiere per il 2026: ci arriverebbe, se i tempi fossero rispettati e tutto andasse per il verso giusto, nel 2034. D’altronde c’è pur sempre da percorrere 1,4 miliardi di chilometri. Scoperto nel 1655 da Christiaan Huygens, secondo satellite del Sistema solare dopo Ganimede (il maggiore di Giove) Titano presenta caratteristiche particolari: l’atmosfera fatta di nubi di metano, la superficie ricca di segni di impatti e crateri, la presunta complessità geologica e probabilmente la sua età, relativamente “giovane”. Già nel 2004 la sonda Cassini aveva rivelato che la sua atmosfera sfoggia una composizione particolarmente complessa: quella di una chimica “prebiotica”, cioè precedente ma forse propedeutica all’esistenza di forme viventi.

Su Titano, inoltre, esistono dei “laghi” con delle coste increspate, soprattutto nell'emisfero settentrionale, e tre grandi mari. Alcuni sono profondi fino a 100 metri, altri si prosciugano al cambiamento delle stagioni e sono distribuiti su una superficie di 700mila chilometri quadrati. Sono ricchi appunto di metano ed etano e le temperature arrivano a 300 gradi sotto lo zero. Ma dove ci sono sostanze in forma liquida – nel 2007 quelle di Titano furono confermate come le prime distese liquide stabili al di fuori del pianeta Terra grazie alla temperatura media di -180 gradi che ne impedisce l'evaporazione – qualche forma di vita potrebbe aver trovato in passato una strada. O meglio: la vita potrebbe spuntare da un qualche tipo di meccanismo specifico, evolutosi per il durissimo contesto ambientale sul satellite di Saturno, come alcune ricerche avrebbero suggerito. L'ultimo sorvolo della Cassini avvenne il 22 aprile 2017 proprio sopra diversi laghi dell’emisfero Nord con un diametro variabile tra 10 e 50 chilometri, a una quota di poco superiore ai mille chilometri.

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NASA/JPL-Caltech

Altre, invece, sostengono il contrario. Per esempio una recente simulazione proposta da Martin Rahm, un chimico della Chalmers University of Technology svedese, su Science Advances, illustra come le speranze che una simile reazione possa partorire una qualche forma di vita sia piuttosto complessa da verificarsi. Almeno per sfornare qualcosa di simile ai nostri microbi e organismi unicellulari. Pure questi, infatti, sono tenuti insieme da membrane lipidiche che tuttavia a quelle temperature, e senza CO2, si sfalderebbero semmai immaginassimo di trasferire qualche organismo dal nostro pianeta o, ancora più difficile, che qualcosa di simile possa succedere da quelle parti. Insomma, il quadro è spietato.

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NASA/JPL-Caltech/ASI/USGS

A meno che quel meccanismo non fosse modificato, come uno studio del 2015 ha dimostrato, sostituendo per esempio ai lipidi membrane di altri composti, come l’acrilonitrile. Un’evidenza che in effetti nel 2017 abbiamo avuto: all’epoca l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, il radiointerferometro situato a cinquemila metri d'altitudine nel deserto di Atacama, in Cile, aveva trovato evidenza di molecole di questo tipo su Titano in quantità sufficienti a sostenere, in linea del tutto teorica, la vita di milioni di organismi unicellulari. Anche per questa ragione, e per molte altre, Titano suscita così tanto interesse. Qualcosa bolle su quel massiccio corpo roccioso.

Rham ha trovato quelle evidenze, e altre indagini della Cornell University che suggerivano appunto le proprietà dell’acrilonitrile, molto intriganti. Così ha costruito un software per simulare in che modo molecole di questo tipo galleggianti in quei laghi di metano potrebbero scontrarsi a meno 300 gradi con quelle di metano. Ebbene, la simulazione ha spiegato che in effetti le molecole tenderebbero a organizzarsi in forme cristalline rigide come quelle del ghiaccio o del sale e non nella struttura piatta e flessibile, pronta a "ripiegarsi" e strutturarsi in vario modo, necessaria per dare vita a una cellula. Insomma, secondo l’esperto svedese qualsiasi forma vita su Titano non potrebbe avere il "guscio" e la forma delle cellule terrestri.

Eppure nei laghi di Titano non c’è metano allo stato puro. Ci sono anche etano e altri elementi che potrebbero invece ricondurre i primi vagiti della formazione cellulare su scenari più favorevoli alla vita. Ma potrebbe esserci anche un oceano sotterraneo composto di acqua, che sarebbe un ambiente ovviamente più promettente per molecole che potrebbero nutrirsi degli elementi provenienti dalla superficie. Siamo dalle parti della massima speculazione astrobiologica ma forse fra qualche anno Dragonfly potrà dirci qualcosa di più.

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Simone Cosimi

Simone Cosimi è giornalista professionista, collabora con numerose testate nazionali fra cui Esquire Italia, Italian Tech, La Repubblica, D, DLui, Wired, VanityFair.it, StartupItalia, Centodieci e Radiotelevisione Svizzera. Segue diversi ambiti fra cui tecnologia, innovazione, cultura, politica e territori di confine, spingendo verso un approccio multidisciplinare. Già redattore del mensile culturale Inside Art, per cui ha curato cataloghi d’arte e pubblicazioni come il trimestrale Sofà, ha lavorato in passato, fra gli altri, per Rockstar, DNews, Excite, Style.it e molte altre testate. Speaker, moderatore e saggista, è autore con Alberto Rossetti di "Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: chi li protegge?" (Città Nuova 2017) e di “Cyberbullismo" (Città Nuova 2018). A gennaio 2020 è uscito il suo terzo libro, “Per un pugno di like-Perché ai social network non piace il dissenso” (Città Nuova).   
 

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